Torniamo a trattare dell’argomento dello scioglimento del condominio per dare soluzione ad un quesito che è stato posto da una lettrice.
“Sono proprietaria di una palazzina composta da 4 appartamenti + 2 negozi, tale palazzina è stata inclusa in un condominio con altre 2 palazzine per le quali vi è in comune il piano interrato ove si trovano i garage.
Ora trovando l’assistenza dell’amministratore inadeguata ho chiesto di estromettere dalla contabilità la palazzina pur rimanendo in partecipazione alle spese condominiali per quanto riguarda le parti comuni. In sostanza vorrei gestire autonomamente i pagamenti e le manutenzioni della palazzina di mia proprietà intestando le fatture al mio codice fiscale. E’ possibile farlo ottenendo l’approvazione dei condomini delle altre proprietà mantenendo inalterato il nome del condominio?”
Scioglimento del condominio, quando è possibile?
Ad occuparsene sono gli articoli 61 e 62 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Il primo dei due recita:
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’art. 1136 del codice, o e disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione.
Questo è il caso del condominio che potrebbe sciogliersi creando autonomi edifici o edifici in condominio. Decisione assembleare o ricorso all’Autorità giudiziaria, queste le modalità di scioglimento.
E se, come nel caso sottopostoci dalla nostra lettrice, restano in comune alcune parti dell’edificio?
È il caso regolato dal successivo art. 62 disp. att. c.c. che recita:
“La disposizione del primo comma dell’articolo precedente si applica anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’art. 1117 del codice.
Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’art. 1136 del codice stesso”.
Per quest’ultima ipotesi non è previsto ricorso all’Autorità Giudiziaria (cfr. Cass. 19 dicembre 2011 n. 27507).
Per come la nostra lettrice ci illustra il caso, però, sembrerebbe che si verta nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 62 disp. att. c.c. con conseguente applicazione a questa fattispecie della possibilità di decidere lo scioglimento con votazione assembleare (con le maggioranze prescritte per le innovazioni) o con ricorso all’Autorità Giudiziaria.
Una volta ottenuto quel risultato, il “nuovo condominio” deve dotarsi di un codice fiscale dedicato. Iscriversi all’anagrafe tributaria, infatti, è un obbligo di legge e l’inadempimento comporta l’irrogazioni di sanzioni (cfr. art. 13 d.p.r. n. 605/1973).
Quello che possiamo dire è quanto segue: può ottenere, eventualmente anche per via giudiziale, lo scioglimento del condominio ma, poi, la nuova compagine deve dotarsi di un proprio codice fiscale pur non essendovi obbligo di nomina dell’amministratore (l’obbligo sorge raggiunti i nove condomini, art. 1129 c.c.).
Fonte: Condominioweb.com
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