Lo scorcio finale della XVI legislatura ha visto l’approvazione di varie leggi che riguardano da vicino tanto gli avvocati quanto gli amministratori di condominio.
Stiamo parlando della “riforma” del condominio, della riforma forense e della leggi sulle professioni senza albo.
In questo contesto, leggendo le varie norme, la domanda sorge spontanea: i tanti avvocati che fino ad oggi hanno anche esercitato l’attività di amministratore di condominio potranno continuare a farlo?
Prima di rispondere al quesito vale la pena leggere le norme che lo fanno sorgere.
Il nuovo articolo 71-bis delle disposizioni di attuazione del codice civile, prevede una serie di requisiti necessari per svolgere l’incarico di amministratore condominiale.
Senza elencarli tutti quanti è sufficiente dire che l’amministratore, dopo il 18 giugno 2013 (data di entrata in vigore della legge n. 220/2012 (la così detta “riforma” del condominio) dovrà essere quantomeno diplomato, non aver avuto problemi con la giustizia ed aver svolto un corso di formazione iniziale e frequentato quelli di aggiornamento in materia di condominio.
Chi già svolgeva quest’attività da almeno un anno dal momento di entrata in vigore della “riforma”, o i così detti amministratori interni, avrà qualche agevolazione (es. potranno non aver conseguito il diploma di scuole di secondo grado, non aver seguito il corso di formazione iniziale).
La legge delle professioni senza albo (ancora in attesa della firma del Capo dello Stato) disciplinerà quelle attività senza ordini professionali con la finalità, nell’ambito di un cotesto di libero accesso, di migliorare la preparazione professionale degli operatori di vari settori.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 1 di questa legge “ per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’articolo 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative”.
Essa, secondo gli addetti ai lavori, troverà applicazione anche con riferimento agli amministratori di condominio.
La legge di disciplina dell’ordinamento forense (firmata dal Capo dello Stato il 31 dicembre 2012) è specificamente destinata agli avvocati.
In particolare all’art. 18, primo comma lett. a), della nuova legge forense si stabilisce che
“ La professione di avvocato è incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro […]”.
In questo contesto complessivo, posto che non pare possano sorgere dubbi sul fatto che quella di amministratore condominiale debba essere considerata una professione o quanto meno un lavoro autonomo, parrebbe che l’avvocato non potrebbe più esercitarla posto che l’esercizio della professione di avvocato è incompatibile con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo, eccezion fatta per quelle specificamente indicate.
Aspettiamo chiarimenti ma, se venisse confermato quanto abbiamo detto, molti avvocati sarebbero chiamati a fare una scelta: continuare l’attività di amministratore o quella forense?
Fonte: Condominioweb.com
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