Nel caso edifici che costituiscono dei centri commerciali si applicano le norme sul condominio negli edifici, fintanto che non trovano applicazione le clausole contrattuali che disciplinano la gestione degli spazi comuni alle singole unità immobiliari. Questa la conclusione che è possibile trarre leggendo la sentenza n. 7736 resa dalla Suprema Corte di Cassazione il 2 aprile 2014.
Nel caso di specie uno il proprietario di un’attività commerciale ubicata nel predetto centro s’è visto condannato al pagamento delle spese condominiali richiestogli con decreto ingiuntivo.
In breve: la società Alfa edifica un centro commerciale ed inizia a vendere le unità immobiliari in esso ubicate. Negli atti d’acquisto è previsto che la gestione delle parti comuni sia demandata ad un consorzio di successiva costituzione.
Di conseguenza le spese per la gestione di tali aree avrebbero dovuto essere disciplinate in base agli accordi contrattuali. L’uso del condizionale non è casuale. Il consorzio, infatti, non veniva costituito e nelle more di tale atto, la gestione veniva demandata al condominio che, con regolari assemblee, provvedeva a ripartire i costi tra tutti i proprietari delle unità immobiliari ubicate nel centro.
Ne seguiva un ricorso per decreto ingiuntivo contro uno dei partecipanti alla compagine. Questi si opponeva contestandone la legittimità: egli, a suo modo di vedere, non doveva alcunché in quanto gli atti d’acquisto lo esoneravano dalle spese. L’opposizione veniva accolta in primo grado ma, a seguito del giudizio d’appello promosso dal condominio si tornava al punto di partenza (vale a dire alla legittimità del decreto): insomma il condomino doveva pagare. Da qui il ricorso in Cassazione. Prima di entrare nel merito della soluzione fornita dagli ermellini, vale la pena soffermarsi sulla natura dell’obbligo di contribuzione alle spese di gestione del condominio.
La Cassazione, sul punto la dottrina è concorde, afferma oramai da tempo che “le obbligazioni dei condomini di concorrere nelle spese per la conservazione delle parti comuni si considerano obbligazioni propter rem, perché nascono come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni. Alle spese per la conservazione per le parti comuni i condomini sono obbligati in virtù del diritto (di comproprietà) sulle parti comuni accessori ai piani o alle porzioni di piano in proprietà esclusiva. Pertanto, queste obbligazioni seguono il diritto e si trasferiscono per effetto della sua trasmissione” (Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).
Insomma si pagano le spese di conservazione in quanto s’è proprietari dell’unità immobiliare ubicata nell’edificio. (Decreto ingiuntivo condominiale: il verbale di approvazione del rendiconto è prova scritta)
La normativa sulle spese ed in ogni caso quella sulla gestione delle parti comuni di un edificio può essere regolamentata tra le parti in modo autonomo, ma fintanto che ciò non si avvera, non v’è motivo per escludere che la gestione del condominio sia soggetta all’ordinaria disciplina codicistica.
In tal senso, con riferimento al caso sottopostole, la Cassazione ha affermato che solo a seguito della costituzione del consorzio “l’amministrazione delle cose comuni relativa all’area adibita a centro commerciale sarebbe stata differentemente normata e disciplinata con autonoma e nuova elaborazione di tabelle di ripartizione di spese ed oneri”.
Nelle more dell’esecuzione di questo adempimento, specificano dalla Cassazione, dovevano trovare applicazione le norme sul condominio. Di conseguenza, i giudici proseguono nel loro ragionamento evidenziando che dalle delibere assembleari “(peraltro mai impugnate dal ricorrente), in cui sono state deliberate e ripartite le spese per le quali fu a suo tempo ingiunto il pagamento, non poteva che derivare l’obbligo del dovuto pagamento“. In buona sostanza, chiosano da piazza Cavour, “mancando la prova della costituzione del Consorzio ed essendo, viceversa, sussistente la prova dell’esistenza Condominio non può che ritenersi esatta la conclusione a cui è pervenuto il Giudice d’appello [?]” (Cass. 2 aprile 2014 n. 7736), ossia: il decreto era legittimo ed il condomino deve pagare quanto richiesto con quell’atto. (Magazzino non riscaldato perchè il proprietario deve pagare le spese?)
Contattateci per maggiori informazioni al n.
[easy_contact_forms fid=4]