Chi abita in un condominio in cui è vigente un regolamento, assembleare o contrattuale, che subordina l’esecuzione di ogni intervento, su parti comuni o di proprietà esclusiva, al consenso dell’assemblea legga quest’articolo. Anche chi abita in un condominio libero da tali incombenze troverà interessante la risposta della Corte d’appello di Ancona a questo quesito: che cosa deve fare il condomino che vuole eseguire interventi innovativi delle parti comuni a suo vantaggio se l’assemblea ha negato legittimità a quelle opere?
Secondo la corte marchigiana nell’ipotesi “in cui sia un singolo condomino a voler realizzare l’innovazione, non puo’ che trovare applicazione l’art. 1102 c.c., in forza del quale ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, e a tal fine – purche’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto – puo’ apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa stessa. E’ di tutta evidenza che le modificazioni apportabili alla cosa comune in forza dell’art. 1102 c.c., possono costituire anche una innovazione – nell’accezione tecnico – giuridica usata nella richiamata norma dell’art. 1120 c.c., – ed in tal caso sono consentite anche al singolo condomino, che se ne assuma l’onere, se non alterano la destinazione e non impediscono il pari uso della cosa comune agli altri partecipanti al condominio”
E’ bene ricordare che, in assenza di una definizione codicistica, secondo la Cassazione “ per innovazioni delle cose comuni s’intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l’alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
In questo contesto “la applicabilita’ della disposizione dell’art. 1102 c.c., consente di escludere la necessita’ di una delibera assembleare di autorizzazione, giacche’ la realizzazione della innovazione costituisce esplicazione di un diritto del singolo condomino, il quale ben puo’ richiedere direttamente al giudice di accertare che l’opera non travalichi i limiti normativi predetti. Corollario di tali principi (per i quali cfr Cass. 27 dicembre 2004 n. 24006), e’ quello per cui il diritto del singolo condomino ad eseguire gli interventi previsti dall’art. 1102 c.c., puo’ essere fatto valere in contraddittorio con gli altri condomini, senza necessita’ di impugnare autonomamente la deliberazione che abbia negato l’autorizzazione per cui, nella presente fattispecie, venendo in considerazione opere eseguite a loro spese da singoli condomini, ancorche’ interessanti parti comuni, non puo’ escludersi aprioristicamente la legittimita’ di dette opere invocando le delibere assembleari che avevano negato l’autorizzazione alla loro esecuzione”.
Insomma a fronte del niet dell’assemblea il condomino può agire anche solamente per ottenere la dichiarazione di liceità dell’intervento programmato senza dover impugnare la decisione assembleare.
Fonte: Condominioweb.com
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