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Infiltrazioni d’acqua e macchie di umidità che bloccano gli ascensori. Paga il costruttore e l’amministratore è legittimato ad agire

muffa sul soffitto

infiltrazioniTribunale di Augusta sentenza 55, sezione distaccata di Augusta, del 24-04-2013.

E’ il costruttore responsabile dei vizi dell’opera. Anche se non incidono sulla stabilità dell’edificio deve ripagare.

I presupposti della responsabilità nell’appalto immobiliare.

La rovina dell’edificio.
In virtù del disposto dell’art. 1669 c.c., l’appaltatore risponde di responsabilità aggravata nell’eventualità in cui l’evento dannoso sia stato causato da vizio del suolo o da difetto della costruzione. Al committente-acquirente deve infatti essere garantita la consegna di un’opera che sia non soltanto d’apparente buona fattura, ma altresì solida e duratura, considerando peraltro che spesso i vizi e i difetti degli immobili destinati a lunga durata si manifestano solo dopo che è decorso un lungo lasso di tempo dal compimento dell’opera medesima.

La gravità del difetto l’incidenza sugli elementi essenziali di struttura e funzionalità dell’opera.
Precedenti orientamenti giurisprudenziali hanno ritenuto che «I gravi difetti della costruzione, che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., sono quelli che determinano una situazione di apprezzabile menomazione del bene, ovvero la possibilità di alterazione del suo stato, con il conseguente giustificato timore di vederne compromessa la statica e la conservazione» (Cass. civ., 29 aprile 1983, n. 2940), giudicando in tal modo quali gravi difetti solo quelli riguardanti le parti essenziali ed escludendo, di conseguenza, da detto novero quei vizi che, pur di notevole entità, limitano il normale uso dell’immobile senza tuttavia intaccare quegli elementi essenziali che ne garantiscano stabilità e conservazione. A conferma di detta impostazione si è altresì affermato che «La norma dell’art. 1669 c.c. tende essenzialmente a disciplinare le conseguenze dannose dei vizi costruttivi che incidono negativamente, in maniera profonda, sugli elementi essenziali di struttura e funzionalità dell’opera, influendo sulla sua solidità, efficienza e durata, mentre la disposizione dell’art. 1667 c.c., la quale prevede l’azione di garanzia per i vizi e le difformità, riguarda l’ipotesi delle costruzioni che non corrispondono alle caratteristiche del progetto e del contratto d’appalto o che siano state eseguite senza osservare le regole della tecnica» (Cass. civ., 21 aprile 1994, n. 3794). Il riferito indirizzo, particolarmente restrittivo, è stato tuttavia superato dai più recenti arresti della giurisprudenza, la quale ritiene che debbano considerarsi gravi difetti quelli che incidano, oltre che sugli elementi essenziali della struttura dell’immobile, anche su parti secondarie ed accessorie, quando tali carenze siano idonee a compromettere la funzionalità complessiva dell’opera medesima: «Configurano gravi difetti dell’edificio a norma dell’art. 1669 c.c. anche le carenze costruttive dell’opera – da intendere anche come singola unità abitativa – che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, ecc.), purché tali da compromettere la sua funzionalità e l’abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati». (Cass. civ., 28 aprile 2004, n. 8140). Specificamente, la Suprema Corte ha affermato detto principio in una fattispecie in cui gli acquirenti avevano agito per responsabilità extracontrattuale nei confronti del costruttore perché le mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti si erano scollate e rotte in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita.

L’ampliamento della nozione di ‘gravi difetti’ nell’interpretazione giurisprudenziale.
La giurisprudenza ha così specificato una serie di fattispecie di “gravi difetti”, ritenendo operante la garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., ad esempio, in presenza: delle infiltrazioni d’acqua determinate da carenze dell’impermeabilizzazione, in quanto incidenti sulla funzionalità dell’opera di cui ne riducono il godimento (Cass. civ., 8 gennaio 2000, n. 117); del difetto di costruzione dei tetti e dei lastrici solari che causano infiltrazioni d’acqua negli appartamenti sottostanti (Cass. civ., 12 maggio 1999, n. 4692; Cass. civ., 2 marzo 1998, n. 2260; Cass. civ., 8 aprile 1986, n. 2431; Cass. civ., 11 dicembre 1992, n. 13112); dell’umidità, dipendente da difetto di adeguata coibentazione termica (Cass. civ., 25 marzo 1998, n. 3146). Sono stati altresì ritenuti gravi difetti: le lesioni alle strutture, imperfezioni, difformità, idonee a diminuire sensibilmente il valore economico dell’edificio nel suo complesso, e delle singole unità immobiliari, senza che necessariamente debba sussistere anche il pericolo di un crollo immediato dell’edificio stesso (Cass. civ., 20 marzo 1998, n. 2977); il distacco di una notevole parte dell’intonaco esterno del fabbricato (Cass. civ., 29 novembre 1996, n. 10624); la pendenza dei balconi verso l’interno del fabbricato con conseguenti infiltrazioni e ristagni di acqua nei muri di tamponamento, nonché la mancanza di battiscopa sui terrazzi di copertura (Cass. civ., 10 aprile 1996, n. 3301). Ancora, sono state considerate carenze idonee ad integrare la fattispecie di cui all’art. 1669 c.c.: l’inadeguatezza recettiva delle fosse biologiche (Cass. civ., 27 dicembre 1995, n. 13106) e della rete fognaria (Cass. civ., 28 marzo 1997, n. 2775); gli scarichi delle acque bianche e le caditoie pluviali che erano stati collegati direttamente alla condotta fognaria, con conseguente fuoruscita di miasmi espandentisi nell’aria e persino negli appartamenti per la mancanza di idonee vasche di depurazione (Cass. civ., 12 giugno 1987, n. 5147); lo scivolamento continuo delle tegole insufficienti di numero e inadeguatamente fissate, con pericolo di caduta delle stesse (Cass. civ., 28 marzo 1997, n. 2775); il dissesto dell’impianto di depurazione (Trib. Piacenza, 10 luglio 1996); i gravi difetti di costruzione dell’impianto centralizzato di riscaldamento (Cass. civ., 30 gennaio 1995, n. 1081); il distacco delle piastrelle dal pavimento (Trib. Cagliari, 29 aprile 1991, ma contra Trib. Cagliari, 21 aprile 1995); i gravi difetti della canna fumaria dell’impianto di riscaldamento centrale (Cass. civ., 27 agosto 1986, n. 5252), se il dissesto, incidendo sull’intero impianto di riscaldamento, impedisce il normale godimento dell’immobile, di cui l’impianto è parte integrante (Cass. civ., 7 maggio 1984, n. 2763).

L’estensione della legittimazione dell’amministratore a proporre l’azione di responsabilità del costruttore per gravi difetti.
L’ammissibilità della legittimazione processuale dell’amministratore ad agire in forza dell’art. 1669 c.c. allorché i difetti di costruzione riguardino l’intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti è stata espressamente riconosciuta dalla Cassazione (sent. del 18.02.1980, n. 1178) per la considerazione che in tal caso «si verifica una causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio o i singoli condomini ad agire per il consolidamento dell’intero stabile, senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o parti di esso soltanto». Principio anche espresso recentemente dalla Corte di Cassazione (sentenza del 31.03.2011, n. 7470) che, ricomprendendo, in tale categoria di “atti conservativi” anche l’azione ex art. 1669 c.c. (avente i profili operativi già ricordati) implicitamente la qualifica come facoltà autonoma dell’amministratore. Tale principio risulta ampiamente consolidato. (Cfr. tra le tante: Cass. 08.11.2010, n. 22656; Cass. 01.08.2006, n. 17484; Cass. 21.03.2000, n. 3304; Cass. 20.03.1997, n. 2775).

Il caso di specie.
Una impresa di costruzione realizza un complesso residenziale, ma si verificano infiltrazioni d’acqua tanto copiose da creare, oltre alle macchie di umidità, veri e propri allagamenti nei vani-ascensore al punto da bloccare il funzionamento degli impianti. La decisione. Viene accolto il ricorso del condominio, stabilendo che l’amministratore condominiale è legittimato, ex articolo 1130 Cod. civ. a proporre direttamente l’azione di responsabilità ex articolo 1669 Cc nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarietà. Il Tribunale siciliano, inoltre precisa che per i gravi difetti non devono consistere necessariamente in vizi che possono causare la «rovina» o il «pericolo di rovina» del fabbricato ma possono riguardare anche parti comuni e elementi accessori e secondari dell’edificio, a patto che risultino ingiustamente limitati il normale godimento o addirittura l’abitabilità dell’immobile. Per tali motivi l’impresa costruttrice deve risarcire 279 mila euro per riparare i danni ed eliminarne le cause.

 
Fonte: www.condominioweb.com

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