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Il condomino deve sempre pagare all’amministratore e mai all’impresa creditrice

pagamentiNel condominio Alfa abitano tre persone: Tizio, Caio e Sempronio.

L’amministratore della compagine stipula un contratto di appalto finalizzato alla conservazione delle parti comuni; l’impresa esegue i lavori che, però, non gli vengono retribuiti.

A quel punto l’appaltatore adisce le vie legali e ottiene un decreto ingiuntivo di pagamento; l’azione esecutiva (leggasi pignoramento) viene avanzata contro Tizio e Caio attraverso un pignoramento presso terzi.

Detta fuori dal gergo tecnico: siccome Tizio e Caio hanno in corso delle locazioni, l’impresa chiede al giudice di avere i soldi a loro spettanti da quei contratti.

A quel punto i due esecutati fanno causa a Sempronio: “giudice gli ordini di darci la sua quota parte!”. Questa la richiesta di Tizio e Caio.

Sempronio risponde: “non vi devo nulla perché ho già pagato all’amministratore prima che l’impresa presentasse ricorso per decreto ingiuntivo”. Il giudice di primo grado gli dà ragione. A quel punto Tizio e Caio promuovono un giudizio d’appello, ma gli va male anche in questo caso. Il ricorso in Cassazione, dal loro punto di vista, era inevitabile, ma, aggiungiamo, non ha cambiato la sostanza delle cose.

Questa la storia che ha portato la Suprema Corte, con la sentenza n. 3636 del 17 febbraio 2014, a pronunciarsi, nuovamente, sulla natura delle obbligazioni condominiali e sul soggetto cui versare le somme dovute a titolo di oneri per la gestione e conservazione delle parti comuni.

Si legge nella sentenza che il ricorso era da considerarsi infondato in quanto non è stato tenuto in considerazione il “principio secondo il quale, ponendosi il Condominio, nei confronti dei terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini – attinenti alle parti comuni -, l’amministratore dello stesso assume la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini sia nella fase di assunzione di obblighi verso terzi per la conservazione delle cose comuni sia, all’interno della collettività condominiale, come unico referente dei pagamenti ad essi relativi, così che non è idoneo ad estinguere il debito pro quota del singolo condomino, il pagamento diretto eseguito a mani del creditore del Condominio le volte in cui il creditore dell’ente di gestione non si sia a sua volta munito di titolo esecutivo nei confronti del singolo condomino” (Cass. 17 febbraio 2014, n. 3636).

Leggendo la sentenza non è chiaro un passaggio: se il condomino aveva pagato nelle mani dell’amministratore perché questi non ha versato l’importo alla ditta? Non arriviamo a facili conclusioni: è nel diritto del creditore, salvo diversi accordi, rifiutare i pagamenti parziali (art. 1181 c.c.)

In buona sostanza non è chiaro perché si sia arrivati alla richiesta di rivalsa a fronte dell’esistenza, accertata giudizialmente, del pagamento della quota da parte del condomino non esecutato.

Ciò che è chiaro, però, non passa inosservato: il condomino, a meno che il creditore del condominio non si sia premunito di un titolo esecutivo nei suoi confronti, deve sempre versare le quote condominiali nelle mani dell’amministratore.

Nessuna paura: sebbene la riforma del condominio abbia, nella sostanza, reintrodotto il principio di solidarietà, essa impone al creditore di agire preventivamente contro i condomini morosi. Come dire: pagate sempre all’amministratore e se per un qualunque motivo i vostri soldi non arrivano alla ditta (perché la stessa ha rifiutato un pagamento parziale) i primi ad essere perseguibili saranno sempre i morosi.

Diverso è il caso in cui l’amministratore disonesto si appropri delle somme dei condomini, questo è un altro discorso.

Fonte: Condominioweb.com

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