Le opere su parti di proprietà esclusiva, il distacco dall’impianto di riscaldamento ed i poteri dell’assemblea

impianto-riscaldamentoChe cosa deve fare il condomino che intende distaccarsi dall’impianto di riscaldamento condominiale?

Per anni la giurisprudenza ha specificato che ciò era possibile senza preventivo parere affermativo dell’assemblea, salvo diversa indicazione del regolamento contrattuale, purché dall’operazione non derivasse notevole squilibrio termico nel funzionamento né aggravio di spese per i condomini (cfr., tra le tante, Cass. n. 5974/04).

La legge di riforma modificando l’art. 1118 c.c. ha sostanzialmente recepito questo orientamento.

Il primo periodo del quarto ed ultimo comma dell’art. 1118 c.c. (in vigore dal 18 giugno 2013) recita:

Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

In sostanza, il condomino che vuole distaccarsi dovrà essere in grado di dimostrare che dalla sua azione non derivi danno per l’impianto e quindi per i suoi vicini. In tal senso può considerarsi risolutiva una relazione tecnica (preferibilmente una così detta perizia giurata).

Ottenuta questa certificazione, che cosa bisogna fare?

Al riguardo, ad avviso di chi scrive, al di là delle eventuali disposizioni contenute nei vari regolamenti di condominio, è necessario darne comunicazione all’amministratore.

I motivi sono sostanzialmente due:

poiché si va ad intervenire su cose comuni è bene che il legale rappresentante sappia di quanto si sta andando a fare;
poiché l’intervento riguarderà anche parti di proprietà esclusiva (l’impianto a servizio dell’unità immobiliare), troverà applicazione l’art. 1122 c.c. che recita:

Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea.

In pratica il condomino che intende distaccare il proprio impianto da quello centralizzato deve comunicarlo all’amministratore anche perché quest’ultimo possa riferirne all’assemblea.

Il secondo comma dell’art. 1122 c.c. non specifica entro quanto tempo debba temersi l’assemblea condominiale e di conseguenza se nelle more il condomino debba attendere. Ad avviso di chi scrive, il condomino può iniziare subito i lavori. Chiaramente, se l’amministratore ha il fondato sospetto che l’opera possa essere lesiva dell’impianto condominiale (es. perché ci sono stati già altri distacchi) dovrà convocare quanto prima l’assemblea per la deliberazioni delle decisioni in merito.

Ad ogni buon conto, in casi simili l’amministratore, senza preventiva autorizzazione assembleare, può ricorrere al giudice con un’azione così detta di denuncia di nuova opera per ottenere la sospensione dei lavori.

In nessun caso l’assemblea può vietare l’esecuzione dei lavori, non essendo previsto un potere assembleare in tal senso. Deliberazioni del genere dovrebbero essere considerate nulle per lesione del diritto dei singoli sulle cose comuni.

Fonte: Condominioweb.com

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