Per il supercondominio è necessario il “superamministratore”

super-amministratoreNelle controversie inerenti alle parti comuni del supercondominio la legittimazione processuale attiva spetta solo all’amministratore del supercondominio e non anche agli amministratori dei singoli edifici condominiali.
(Cassazione civile, Sezione II, sentenza n. 19558 del 26 agosto 2013)

Il supercondominio è un ente distinto ad autonomo rispetto ai singoli condomìni che lo compongono, che viene in essere ipso iure et facto (se il titolo non dispone altrimenti) al fine di gestire beni posti in rapporto di accessorietà rispetto a tutti gli edifici condominiali. Esso è costituito e amministrato attraverso propri organi (l’assemblea, composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo, e l’amministratore del supercondominio) e dotato di un proprio regolamento. L’assemblea del supercondominio è composta da tutti i partecipanti al complesso condominiale e non dal collegio degli amministratori dei singoli condomìni; una clausola regolamentare di questo tipo è nulla per violazione di norme imperative. Unico soggetto legittimato ad agire in giudizio a tutela dei beni del supercondominio è l’amministratore dello stesso e non anche gli amministratori dei singoli edifici condominiali.

È questo, in estrema sintesi, quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 19558 del 26 agosto 2013, con cui gli Ermellini hanno accolto il ricorso della proprietaria di una cantina, citata in giudizio dagli amministratori dei singoli edifici del supercondomino per il ripristino del possesso dell’area comune a tutti gli edifici condominiali.

La questione sottoposta al vaglio della suprema Corte ruota intorno alla legittimazione processuale attiva in relazione ai beni comuni ricadenti nella gestione del supercondominio: tale legittimazione compete ad ognuno degli amministratori dei condomìni che formano il supercondominio o al solo amministratore del supercondominio?

La Corte di Cassazione, coerentemente con la propria giurisprudenza, ha optato per la seconda soluzione: “nell’ipotesi di un bene comune che sia a servizio di più edifici condominiali, vanno tenuti distinti i rapporti di proprietà comune ed indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condomini (…) la gestione di tale bene comune spetta, pertanto, a tutti i comunisti, i quali debbono nominare un amministratore, e non (come spesso avviene nella pratica) al collegio costituito dagli amministratori dei singoli condomini, i quali possono esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. solo con riferimento all’edificio condominiale cui sono preposti”. Distinte vanno tenute, altresì, le attribuzioni spettanti ai singoli amministratori da quelle proprie dell’amministratore del supercondominio. A quest’ultimo compete la rappresentanza processuale attiva in ordine a ogni controversia inerente le parti comuni del supercondominio, mentre gli amministratori dei singoli condomìni possono agire a tutela delle sole parti comuni dell’edificio amministrato, nei limiti dei poteri attribuiti dalla legge o dall’assemblea.

Nel caso di specie, pertanto, la Corte ha rilevato la carenza di legittimazione attiva dei singoli amministratori in ordine al giudizio instaurato per la reintegrazione nel possesso del cortile comune al complesso condominiale, di competenza dell’amministratore del supercondominio. Il supercondominio. L’interessante sentenza in commento si sofferma su alcuni aspetti del supercondominio, figura di origine giurisprudenziale ora recepita dall’art. 1117-bis. c.c., introdotto dalla legge 220/2012. Proviamo ad evidenziarne i passaggi principali.

I singoli edifici, costituiti in altrettanti condomìni, vengono a formare un “supercondominio” quando talune cose, impianti e servizi comuni:
– sono contestualmente legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici;
– appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati; ;
– sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, delle stesse norme dettate per il condominio negli edifici (comprese quelle relative alla composizione e funzionamento dell’assemblea, alla nomina ed alle attribuzioni dell’amministratore).

Il supercondominio forma un ente distinto e sovraordinato rispetto ai singoli condomìni che lo compongono, a cui compete la gestione di quelle parti comuni a tutti i partecipanti degli edifici condominiali, con esclusione di quelle comuni ai partecipanti del singolo edificio condominiale.

Con particolare riferimento all’amministratore del supercondominio, esso deve essere nominato dall’assemblea del supercondominio, formata da tutti i partecipanti dei singoli condomìni: “anche relativamente all’assemblea del supercondominio, ciascun partecipante ha il diritto di intervenire alla riunione e di esprimere l’assenso o il dissenso sugli argomenti all’ordine del giorno e di votare in proporzione alla sua quota. (…) è contrario a norme imperative il regolamento contrattuale di condominio, che preveda essere l’assemblea del supercondominio composta dagli amministratori dei singoli condomini”.

Sul punto, peraltro, occorre rammentare che il nuovo art. 67 disp. att. c.c., come modificato dalla legge di riforma, nel tentativo di semplificare le procedure deliberative dell’assemblea nelle realtà condominiali particolarmente numerose, dispone che nel caso di più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici che abbiano parti comuni, quando i partecipanti sono complessivamente più di 60, ciascun condominio deve designare il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che il giudice nomini il rappresentante del proprio condominio.

Natura e attribuzioni dell’amministratore. Anche nell’ambito del supercondominio, l’amministratore è una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello generale di rappresentanza in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Valgono per l’amministratore di supercondominio i principi generali in materia condominiale, per cui

il potere di rappresentanza dell’amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni condominiali, all’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea e, in genere, a tutte la attività di ordinaria amministrazione analiticamente elencate nel predetto art. 1130. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitegli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, egli ha la rappresentanza dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri.

Legittimazione processuale attiva. Da quanto innanzi discende che l’amministratore del supercondominio è titolare, in via esclusiva, della legittimazione processuale attiva in ordine agli atti conservativi e, più in generale, a tutte le controversie aventi ad oggetto le parti comuni a due o più edifici che compongono il supercondominio, nei limiti delle attribuzioni ex art. 1130 c.c. Al contrario, la legittimazione degli amministratori dei singoli edifici condominiali a compiere atti conservativi è limitata alle sole parti comuni degli edifici da essi amministrati e non può estendersi alle parti comuni facenti parti del complesso condominiale.

Del resto, l’amministratore agisce in forza del mandato conferitogli dall’assemblea dei condomini che l’hanno nominato. Ne consegue che lo stesso amministratore non può avviare azioni giudiziarie a tutela di beni comuni anche a soggetti terzi rispetto ai componenti del condominio da lui amministrato. Al più, osserva la Corte, un potere di rappresentanza processuale di tal genere può legittimamente risultare da una deliberazione unanime di tutti comproprietari del bene comune in questione.

Fonte: Condominioweb.com

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