Spese per appartamento in comunione: quelle per l’uso le paga chi ne ha usufruito

Una lunga vicenda giudiziaria, che ha necessitato di due passaggi in Cassazione (il primo, il giudizio di rinvio e poi il secondo), ha riportato in auge un tema di non secondaria importanza. Appartamento in comunione tra due o più persone. Chi paga che cosa con  riferimento all’uso ed alla conservazione del bene immobile? La norma di riferimento è l’art. 1110 c.c., rubricato Rimborso di spese, a mente del quale: Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso. Immaginiamo una casa con giardino. Supponiamo che sia di proprietà di due persone. Proseguendo nell’esposizione aggiungiamo che solamente uno dei due la abita. Si ipotizzi che vi sono varie spese da affrontare: rifacimento della facciata, spese per l’energia elettrica e per gas, spese per l’acqua utile per gli usi comuni ed il mantenimento in buono stato del giardino. Si supponga che solo uno dei due proprietari, quello che vi abita, sostenga le spese. Ad un certo punto questi vuole recuperare la quota di spettanza dell’altro proprietario. In che misura ha diritto di rifarsi? Questo in sostanza il caso cui hanno dato risposta i giudici di legittimità con la sentenza n. 7763 dello scorso 17 maggio. Si legge nella pronuncia: “ in considerazione della diversità di funzione e di fondamento delle spese per la conservazione e delle spese per il godimento delle parti comuni, nel caso di trascuranza degli altri comunisti il comproprietario che l’abbia anticipate ha diritto al rimborso esclusivamente delle spese per la conservazione del bene comune, alle quali fa espresso riferimento l’art. 1110 cod. civ., e non pure per quelle relative al godimento; b) fra le spese per il godimento delle parti rientravano quelle relative all’uso e alla manutenzione dell’impianto di riscaldamento nonchè quelle relative all’energia elettrica e all’acqua potabile, dovendo il comunista rivolgersi all’autorità giudiziaria nel caso in cui non si formi una maggioranza per le relative deliberazioni; c) per quanto concerneva l’irrigazione del giardino, le spese relative intanto avrebbero potuto essere considerate spese per la conservazione del bene comune in quanto il giardino fosse stato caratterizzato dalla coltivazione di piante e di fiori e non si fosse trattato di un terreno di rispetto. Ciò posto, la sentenza impugnata si è attenuta al principio formulato dalla Suprema Corte, avendo correttamente escluso che il comproprietario potesse pretendere il rimborso delle spese per il godimento delle cose comuni indicate sopra sub), per cui doveva al riguardo considerarsi irrilevante ogni altro accertamento; per quel che concerne il giardino, i Giudici hanno compiuto l’indagine che loro era stata demandata dalla Suprema Corte circa la esistenza, la natura e le caratteristiche del giardino, avendo osservato che non era risultato provato che si trattasse di acqua per l’irrigazione del giardino e addirittura che vi fosse un giardino che necessitasse di conservazione e non si fosse trattato di un terreno di rispetto […]” (Cass. 17 maggio 2012 n. 7763).

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