Come si calcola il canone di locazione delle abitazioni soggette alla legge sull’equo canone?

La legge n. 392 del 1978, che è più nota come legge sull’equo canone e che è in buona parte stata mandata in soffitta dal legislatore per essere sostituita dalla meno rigida legge n. 431 del 1998, continua a far parlare di se.

La Cassazione, con una pronuncia del 18 ottobre 2012, ha dato risposta al seguente quesito: ai fini del calcolo del canone locatizio, il giudice adito deve tenere in considerazione il classamento catastale ufficiale, ossia quello risultante presso i competenti uffici dell’agenzia del territorio, oppure può, ai soli fini della decisione, sostituirlo con uno più coerente con al situazione di fatto?

La risposta ha considerato come legittima questa seconda ipotesi: il classamento può essere variato ai fini della decisione dalla causa.

Per completezza – prima di leggere direttamente dalle parole dei giudici di piazza Cavour il perché di questa presa di posizione – è bene ricordare che con la locuzione classamento catastale s’intende fare riferimento al valore assegnato ad un’unità immobiliare ai fini del calcolo delle imposte fondiarie.

In questo contesto ed ai fini della decisione di una controversia sul canone locatizio calcolato ai sensi della legge n. 392/78, la valutazione può essere “rivista” dal magistrato chiamato a risolverla.

In particolare si legge nella sentenza citata in principio che “secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte – le norme dettate per la determinazione del canone dalla L. n. 392 del 1978 con riferimento alla categoria catastale degli alloggi non attribuiscono agli atti amministrativi inerenti alla classificazione catastale un valore tassativo e vincolante, spettando al giudice ordinario il potere di disapplicare l’atto di classamento dell’unità immobiliare e di determinare, in via incidentale, la categoria catastale da attribuire all’unità immobiliare oggetto della controversia, avendo riguardo alla consistenza dell’immobile oggetto della locazione, quale risulta dal contratto dedotto in giudizio, al limitato scopo di accertare la soggezione o meno del contratto di locazione alla disciplina dell’equo canone e di quantificare il canone locatizio dovuto (Cass. 10 agosto 2004, n. 15422).

Non solo.

A tali effetti – proseguono gli ermellini – non è necessario che l’atto sia affetto da vizio di violazione di legge, potendo configurarsi un atto di classificazione catastale illegittimo, ovvero “non conforme a legge” ai sensi della L. n. 2248 del 1865 art. 5, all. E, anche per errori di apprezzamento commessi nel procedimento di classificazione, quale l’erronea valutazione delle caratteristiche dell’immobile in relazione ai criteri di massima seguiti dall’ufficio tecnico (Cass. 7 dicembre 2005, n. 27002). In ogni caso l’esercizio, positivo o negativo, del potere di disapplicazione in questione involge un apprezzamento di fatto, rimesso al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato (Cass. 14 luglio 2003, n. 10979; Cass. 6 novembre 2001, n. 13697).

Ciò premesso e considerato altresì che in tema di equo canone, in caso di correzione di erroneo classamento, la stessa ha effetto sin dal momento della sussistenza delle condizioni dell’immobile che comportano il classamento corretto (cfr. Cass. 22 giugno 2006, n. 14459), appare evidente l’inconferenza delle deduzioni di parte ricorrente in ordine all’originaria mancanza di accertamento amministrativo, giacchè ciò che rileva è che i giudici del merito hanno preso in considerazione il classamento ottenuto dall’odierna ricorrente in corso di causa ad opera dell’U.T.E. e hanno, tuttavia, motivatamente disapplicato il relativo atto amministrativo, ritenendo che esso non corrispondesse alle effettive condizioni dell’immobile locato.

E’ quanto emerge dalla decisione impugnata, laddove si evidenzia la correttezza delle determinazioni del primo giudice, avuto riguardo ai chiarimenti forniti dal c.t.u. nel supplemento di relazione in ordine alle ragioni che l’avevano indotto ad attribuire la categoria A/3 (grado ordinario di finitura, caratteristiche igieniche ed estetiche minime, stabile a prevalente destinazione commerciale)” (Cass. 18 ottobre 2012, n. 17887).

Fonte: Condominioweb.com

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