Non tutte le opere sulle parti comuni sono considerate come delle innovazioni

La “riforma” del condominio (legge n. 220/2012) attende il 18 giugno 2013 per entrare in vigore.

Da giugno la disciplina relativa a questi interventi cambierà e avremo un nuovo art. 1120 c.c. con un sensibile abbassamento dei quorum deliberativi e qualche novità consistente nell’inserimento nel codice civile di tutte quelle deroghe previste dalle leggi speciali (es. abbattimento barriere architettoniche, ecc.).

Della definizione di innovazione, però, nemmeno l’ombra.

Ed allora?

Allora, salvo cambiamenti dovuti alla correlazione con le altre nuove norme (pensiamo soprattutto a quella inerente il mutamento di destinazione d’uso delle parti comuni, ex art. 1117- ter c.c.), resta di fondamentale importanza l’opera della giurisprudenza.

In questo contesto, pertanto, vale la pena segnalare un recente arresto della Suprema Corte di Cassazione che, riprendendo un proprio precedente, ha ribadito che “costituisce innovazione ex art. 1120 cod. civ., non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l’entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione della opere.

Ove invece, la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell’ambito dell’art. 1102 cod. civ., che pur dettato in materia di comunione in generale, è applicabile in materia di condominio degli edifici per il richiamo contenuto nell’art. 1139 cod. civ.” (Cass. n. 240 del 1997; Cass. n. 2940 del 1963).

In sostanza, perché possa aversi innovazione è necessaria l’esecuzione di opere che, incidendo sull’essenza della cosa comune, ne alterino l’originaria funzione e destinazione. Inoltre, proprio perché oggetto di una delibera assembleare, l’esecuzione di opere, per integrare una innovazione, deve essere rivolta a consentire una diversa utilizzazione delle cose comuni da parte di tutti i condomini” (Cass. 16 gennaio 2013, n. 945).

Calare la teoria nella pratica significa poter dare significato concreto ai concetti appena espressi.

Nel caso sotteso alla sentenza n. 945 la Corte di Cassazione ha stabilito che non costituisce innovazione la trasformazione di una canna pattumiera in una parte comune senza specifica destinazione, a fronte dell’avvenuta soppressione di quel servizio, perché rientra tra i compiti ordinari dell’assemblea quello della disciplina dell’uso delle parti comuni.
Allo stesso modo, stando ai principi generali, non costituisce innovazione l’automatizzazione di un cancello sprovvisto di sistema di apertura elettrico, né tanto meno il leggero ampliamento di una stradina condominiale avente lo scopo di migliorare la viabilità interna.

Insomma dove le cose vengono modificate ma la loro funzione resta inalterata o comunque viene adeguata alla nuova situazione di fatto non può parlarsi d’innovazioni.

Fonte: Condominioweb.com

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