Legittimazione passiva dell’amministratore di condominio: che fine ha fatto la sentenza delle Sezioni Unite?

amministratore di condominioLa legittimazione passiva dell’amministratore di condominio non incontra limiti e sussiste anche per le azioni aventi ad oggetto diritti reali. Questa massima, spesso ripetuta dalla Cassazione e dai giudici di merito, sembrava essere stata superata dalla sentenza n. 18331 resa dalle Sezioni Unite del Supremo Collegio il 6 agosto 2010. In quell’occasione la massima espressione della Corte regolatrice chiarì che “ l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3 c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione”. Questo, diceva la Corte, per le materie non espressamente incluse tra quelle di sua competenza. In sostanza per le Sezioni Unite al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 1130 c.c. l’amministratore, se convenuto in giudizio, non aveva carta bianca ma doveva relazionarsi sempre con l’assemblea. Tale presa di posizione contrastava con quanto detto all’inizio dell’articolo. Come detto più volte sul nostro sito, però, il principio espresso dalle Sezioni Unite ha fatto fatica ad essere accettato. Metaforicamente verrebbe da dire che quella sentenza è stata rigettata  dal sistema giudiziario. Di ciò una sentenza di Cassazione dello scorso 20 marzo, la n. 4399, ci fornisce l’ennesima prova. Il caso. Due condomini fanno causa al condominio per ottenere il riconoscimento di una servitù di passaggio. La corte d’appello annulla la sentenza di primo grado; nelle materie aventi ad oggetto diritti reali il condominio non ha legittimazione. Insomma i due condomini avrebbero dovuto citare i vicini. Da qui il ricorso per Cassazione che ha rispolverato il vecchio adagio. Si legge nell’ordinanza n. 4399 che “ secondo l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, cui si ritiene di doversi uniformare anche nel presente caso, la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio prevista dall’art. 1131 co. 2 c.c. per ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini, senza distinzione tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di condanna, ed in deroga, quindi, alla disciplina applicabile per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi e di litisconsorzio necessario, risponde all’esigenza di rendere più agevole per i terzi la chiamata in giudizio del condominio (Cass. 21/1/2004 n. 919). E anche recentemente si è affermato che ai sensi dell’art. 1131 secondo comma cod. civ., la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino; in tal caso, l’amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all’assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini (Cass. 10/11/2010 n. 22886)” (Cass. 20 marzo 2012, n. 4399).   Del principio espresso dalle Sezioni Unite nemmeno l’ombra.

Fonte: condominioweb.com

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