Il costruttore non paga le spese condominiali se specificato nel regolamento contrattuale

È da considerarsi lecita la clausola predisposta dal costruttore di esenzione dalle spese condominiali

L’esenzione dalle spese sino a che le unità siano vendute non costituisce clausola nulla ma un termine di validità della clausola stessa, lecitamente previsto a favore del costruttore.

“In ambito condominiale, non è preclusa l’adozione di discipline convenzionali che, derogando a quanto dispone in via generale l’articolo 1123 del Codice civile, imputino ad alcuni condòmini oneri di gestione non proporzionali a quelli scaturenti dalla rispettiva quota millesimale.

Anzi, è possibile perfino ripartire le spese in parti uguali o esonerare dal pagamento taluno dei condomini, in tutto o in parte.

Tale «diversa convenzione», espressione della autonomia privata, deve essere contenuta in un regolamento condominiale contrattuale, o in una deliberazione assembleare approvata all’unanimità di tutti i condomini.

In ogni caso, una tale pattuizione, sia per essere adottata sia per essere successivamente modificata, necessita dell’approvazione di tutti i condomini, a pena di radicale nullità”.

Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Civile con la sentenza n.16321 del 4 agosto 2016 in merito all’esenzione dalle spese condominiali.

I fatti di causa. Con citazione, la società Beta conveniva davanti al Tribunale il Condominio, per l’annullamento di una deliberazione con la quale era stata modificata la clausola del regolamento condominiale (contrattuale).

Tale clausola regolamentare disponeva che: “le spese condominiali poste a carico della Società Beta, relativamente alle unità immobiliari ancora invendute, non potranno essere superiori al 25% (venticinque percento) di quelle poste a carico e calcolate per i singoli garage di proprietà dei singoli condomini.

Il restante 75% (settantacinque percento) verrà ovviamente suddiviso fra tutti i millesimi delle unità immobiliari già vendute e di proprietà dei singoli condomini“.

Secondo la società attrice, la clausola in esame poteva essere modificata solo con in consenso unanime dei condomini.

Costituendosi in giudizio, il Condominio Convenuto contestava in toto le pretese dell’attrice e insisteva nella nullità della clausola contenuta nel regolamento di condominio. In primo grado, il giudice adito rigettava la richiesta della società attrice.

In secondo grado, la corte territoriale ribaltava la decisione e confermava l’invalidità della delibera assembleare. Avverso tale pronuncia, il Condominio proponeva ricorso per cassazione.

Il c.d. regolamento contrattuale. Tale regolamento è predisposto, di regola, dall’unico originario proprietario dell’edificio successivamente divenuto condominio ed espressamente richiamato nei singoli atti di acquisto. Accanto a tale fattispecie, rientra anche l’ipotesi di regolamento approvato dall’assemblea dei condomini all’unanimità.

Si parla di regolamento contrattuale per indicare un regolamento condominiale che limita i diritti che i singoli condomini hanno sulle rispettive proprietà individuali o sulle parti comuni amplia i poteri di uno o più condomini attribuisce maggiori diritti a uno o più condomini.

Il motivo per cui il regolamento predisposto dall’originario unico proprietario vincola tutti i condomini è da individuarsi nella volontà negoziale delle parti contraenti, le quali sono libere di fissare i limiti che credono non solo al diritto esclusivo del condomino acquirente ma anche all’uso delle parti comuni dell’edificio, lo stesso discorso può essere ripetuto, mutatis mutandis, nel caso di regolamento approvato dall’assemblea all’unanimità.

La deroga al criterio di ripartizione delle spese. Il primo comma dell’art. 1123 c.c. prevede che “le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.

Detta norma è derogabile sia con apposita delibera assembleare assunta all’unanimità sia inserendo nel regolamento condominiale, predisposto in genere dal costruttore, una apposita deroga.

Tale ultima ipotesi, per quanto non sempre equa (difatti sempre più spesso nei regolamento condominiali predisposti dal costruttore è inserita la clausola per cui quest’ultimo è direttamente esonerato al pagamento delle spese condominiali sino a che non venda gli appartamenti residui) è comunque legittima.

Difatti, ” alla stregua della stessa lettera dell’articolo 1123 c.c., la disciplina legale di ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio è, in linea di principio, derogabile.

Deve ritenersi, di conseguenza, legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale ovvero deliberata dall’assemblea con approvazione di tutti i condomini” (In tal senso Cass. civ., Sez. II, 17/01/2003, n.64; Cass. civ. Sez. II, 18/03/2002, n. 3944; Cass. civ. Sez. I, 16/11/1992, n. 12281)

Il ragionamento della Corte di Cassazione. Nel caso in esame, a seguito dell’istruttoria di causa, era emerso che l’atto costitutivo del condominio, ovvero il primo contratto di frazionamento, prevedeva un mandato alla società venditrice “di predisporre un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato Capitolato di patti e condizioni“;

ma tale Capitolato già conteneva il riferimento alla clausola sul limite di contribuzione alle spese in favore della venditrice, sicché’ il richiamo al Capitolato, preesistente, consentiva di considerare la pattuizione di ripartizione delle spese come inserita “per relationem” nel titolo d’acquisto.

Premesso ciò, a parere delle Corte, la disciplina delle clausole vessatorie, potenzialmente applicabile qualora i condomini dimostrino di avere acquistato le unità immobiliari per esigenze di natura personale, estranee ad attività imprenditoriale o professionale, rileva unicamente con riguardo a convenzioni che introducano in condominio vincoli di destinazione di natura reale, incidenti sulla consistenza e sulle modalità di utilizzazione della proprietà condominiale ed esclusiva.

Pertanto, l’esenzione dalle spese sino a che le unità siano vendute non costituisce condizione meramente «potestativa» (e quindi nulla) ma un termine di validità della clausola stessa, lecitamente previsto a favore del costruttore.

Nella specie, pertanto, la Suprema Corte ha condiviso la decisione della Corte d’Appello secondo la quale era affetta da nullità la delibera dell’assemblea del Condominio, con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modificavano i criteri di riparto delle spese stabiliti dall’articolo 3 (Deroga temporale) del Regolamento per la prestazione di servizi nell’interesse comune, relativamente alle unità immobiliari ancora invendute.

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha respinto la domanda del Condominio e per l’effetto ha confermato la decisione della corte territoriale della nullità della delibera impugnata.

Fonte: http://www.condominioweb.com (Avv. Maurizio Tarantino)

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