Identikit dell’amministratore “di fatto”

In queste settimane abbiamo analizzato come la recente riforma, che entrerà in vigore a breve, potrà avere un impatto non solo nei confronti dei condomini ma anche indirettamente sulla figura professionale dell’amministratore di condominio che sarà vincolato da limiti e responsabilità molto più stringenti. In questo contesto sarà vita dura anche per il c.d. amministratore di fatto, figura quanto mai ambigua, in attesa ancora di una concreta definizione.

Chi è.

Alcune volte può accadere che l’amministratore non venga nominato secondo le formalità previste dalla legge né venga sollecitata l’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1129, 1° comma, c.c. Questa è una situazione che si verifica, soventemente, nei piccoli condomini ove l’amministrazione viene tenuta da un soggetto, condomino o estraneo,  senza nessuna opposizione dei rimanenti condomini e senza una formale investitura concretizzata mediante una assemblea regolarmente costituita.

L’amministratore di fatto ricorre nelle fattispecie in cui il soggetto, non formalmente investito della carica, si ingerisce egualmente nell’amministrazione, esercitando poteri propri inerenti alla gestione svolgendo tale attività continuativamente.

La dottrina identifica tale tipologia di amministratore in colui che, in assenza di una formale investitura, provveda, col consenso di alcuni condomini e la non opposizione di altri, all’amministrazione del condominio (LAZZARO F., STINCARDINI W., L’amministratore di condominio, Milano, 1982). L’attività viene inquadrata nell’istituto della gestione d’affari altrui, con la conseguenza che l’attività da lui svolta viene ad essere legittimata dall’utilitas che reca agli interessi dei singoli condomini; i quali possono comunque ratificare la gestione: il che può avvenire con l’approvazione, da parte di ciascun condomino, di un conto consuntivo predisposti dall’amministratore di fatto. (LAZZARO F., STINCARDINI W., L’amministratore di condominio, cit.)

A cosa serve.

In pratica l’amministratore di fatto concretamente copre un vuoto gestionale svolgendo le classiche operazioni di ordinaria amministrazione: riscossione contributi, gestione dei di vari servizi condominiali. L’amministratore di fatto non ha alcun riferimento con l’assemblea condominiale, per cui i rapporti si svolgono esclusivamente con i proprietari, i quali approvano il rendiconto delle spese e delle attività singolarmente. Quindi predisporrà, un preventivo, riscuoterà i relativi contributi, invierà il consuntivo, ma sempre al di fuori dell’assemblea e mantenendo i rapporti singolarmente con i vari condomini. Questa tipologia di amministrazione trova anche un notevole riscontro nei c.d. condomini stagionali ove l’amministratore di fatto, che abbia assunto in via stabile la gestione del complesso, renderà il conto singolarmente e via via che i singoli proprietari hanno occasione di recarsi in quella zona.

A quali conseguenze si va incontro.

Dalla mancanza di una formale investitura scaturiscono una serie di conseguenze. In caso di omesso pagamento, non può farsi ricorso alla procedura per ingiunzione ex art. 63 disp. att. c.c. la quale presuppone un piano di ripartizione approvato dall’assemblea. Per ovviare a tale inconveniente sarebbe preferibile predisporre scrittura che fissi i criteri di riparti­zione delle varie spese e che, sottoscritta da tutti i condomini, diviene vincolante fino a quando non venga modificata o si provveda alla redazione delle tabelle millesimali. (LAZZARO F., STINCARDINI W., L’amministratore di condominio, cit.)

I rapporti con i terzi.

Nei rapporti con i terzi l’amministratore di fatto può agire spendendo il proprio nome e in questo caso risponde in proprio delle obbligazioni assunte; se invece spende il nome del condominio, i creditori possono rivolgersi all’amministratore oppure ai singoli condomini nei limiti della quota, non trattandosi nella specie di obbligazione solidale. Sotto il profilo della rappresentanza del condominio va detto che i terzi non possono citare l’amministratore di fatto, proprio perché è carente di legittimazione processuale passiva.

E’ lecita tale figura?

Partiamo dalla giurisprudenza: una prima interpretazione, (Cass. sentenza del 10 aprile 1996, n. 3296) prospetterebbe l’ipotesi di un riconoscimento nel nostro ordinamento di tale figura basandosi dal comportamento concludente dei condomini che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, pur in assenza di una regolare nomina assembleare, rivolgendosi abitualmente a lui in detta veste, senza metterne in discussione i poteri di gestione e di rappresentanza del condominio. Tale decisione è stata anche richiamata da una precedente pronuncia della medesima Corte (Cass., 12 febbraio 1993, n. 1791).

Parte della dottrina però non sembra condividere questa importazione per una serie di motivi:

    • i c.d. fatti concludenti non sono annoverati dall’art. 1129 c.c. tra le modalità di nomina dell’amministratore (per solo l’assemblea nomina l’amministratore);
    • la stessa Cassazione (sent., 25 maggio 1994, n. 5083) ha statuito il rispetto delle formalità di legge per la nomina di un nuovo amministratore e quindi i fatti concludenti non sono sufficienti a conferire poteri amministrativi ad un soggetto diverso dall’amministratore che ha ricevuto un regolare incarico dall’assemblea;
    • infine l’ultimo comma dell’art. 1129 c.c. rappresenta un ulteriore statuizione della formalità e della pubblicità dell’atto di nomina o di cessazione dell’incarico di amministratore. Quindi nella generalità dei casi non è possibile riconoscere un amministratore di fatto.(CUSANO R., L’ amministratore di condominio. Attività, obblighi, responsabilità e funzioni. Napoli, 2008).

Fonte: Condominioweb.com

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