E’ nulla la delibera che modifica a maggioranza il regolamento contrattuale

La delibera che modifica a maggioranza (anziché all’unanimità) il regolamento contrattuale deve ritenersi nulla

Per regolamento di condominio di natura contrattuale s’intende quello predisposto dall’originario proprietario ovvero dal costruttore dell’immobile che, all’atto della vendita dei singoli appartamenti, provvede ad allegare ovvero semplicemente a richiamare il medesimo regolamento nei singoli atti di acquisto, così impegnando contrattualmente i rispettivi acquirenti.

Come accennato, spesso il regolamento contrattuale viene fisicamente allegato all’atto d’acquisto mentre, in altri casi, questo viene solo nell’atto di compravendita fermo restando che, in entrambi i casi, le clausole nello stesso contenute risulteranno comunque vincolanti per gli acquirenti degli appartamenti, e tanto anche indipendentemente dalla trascrizione nell’atto di acquisto, in virtù del fatto che già il mero richiamo presuppone la conoscenza e l’accettazione del regolamento di condominio (Cass. 17886/2009).

Ciò premesso, appare indubbio come il regolamento per impegnare contrattualmente i condòmini acquirenti, all’atto dell’acquisto deve risultare già predisposto, atteso che solo la sua allegazione ovvero il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto consente di considerare lo stesso come facente parte dell’atto di compravendita.

Appare, pertanto, evidente che un regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore non potrà mai vincolare il condomino acquirente, quand’anche vi sia una espressa volontà delle parti contraenti di rispettare un regolamento che, allo stato, risulta inesistente (Cass. 5657/2015; Cass. 3104/2005).

Non appare infatti plausibile un obbligo contrattuale al rispetto del regolamento qualora questi non risultasse già predisposto, considerato che non può ritenersi vincolante una <<delega in bianco>> alla costruttrice-venditrice di redigere un qualunque regolamento.

Discorso diverse invece è quello relativo al mandato concesso dall’acquirente alla società venditrice di predisporre un regolamento secondo le condizioni e le clausole già contenute in un <<capitolato di patti e condizioni>> che già contenga il riferimento ad alcune clausole da inserire successivamente nel redigendo regolamento condominiale contrattuale.

Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16321, pubblicata in data 4 agosto 2016, la quale ha stabilito la nullità di una delibera, approvata solo a maggioranza, che modificava una norma del regolamento contrattuale che disponeva una diversa ripartizione delle spese.

La vicenda giudiziaria vedeva la società costruttrice impugnare la deliberazione dell’assemblea dei condomini, con la quale era stata modificata a maggioranza la clausola del regolamento condominiale, contraddistinta dall’art. 3, il quale espressamente riferiva come alla società costruttrice, relativamente alle unità immobiliari ancora invendute, non potevano essere imputate spese superiori al 25% di quelle poste a carico e calcolate per i singoli garage di proprietà dei singoli condomini i quali, conseguentemente, avrebbero dovuto sobbarcarsi del restante 75%.

Nel costituirsi in giudizio il condominio evidenziava come i primi atti di acquisto degli appartamenti risalivano al 1987, e che negli stessi veniva solo stabilito di predispone un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato “Capitolato di patti e condizioni“, ma che, tuttavia, il regolamento sarebbe stato materialmente predisposto solo nel 1997, pertanto, non risultava opponibile agli acquirenti precedenti.

Dopo alterne vicende – in primo grado la domanda veniva rigettata ma successivamente accolta dalla Corte d’Appello di Sassari – la causa giungeva dinnanzi alla Suprema Corte, adita dal condominio il quale eccepiva la violazione e falsa applicazione dell’art. 1138 Cc.

La Corte di Cassazione premette che <<i criteri di ripartizione delle spese condominiali>>, stabiliti dall’art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce “di natura contrattuale“), ovvero in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimità, o col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003).

La natura delle disposizioni contenute negli artt. 1118, comma 1, e 1123 c.c. non preclude, infatti, l’adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà.

In assenza di limiti posti dall’art. 1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali può arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5975 del 25/03/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988)>>.

Pertanto, una volta ammessa la deroga ai criteri legali i ripartizione delle spese, sia essa contenuta in un regolamento contrattuale ovvero in una delibera adottata all’unanimità dei partecipanti al condominio, richiamata altresì la costante giurisprudenza per cui, risultano radicalmente nulle le delibere che a maggioranza deroghino ai criteri fissati in precedenza in un regolamento contrattuale, pone l’accento sulla opponibilità del regolamento contrattuale ai terzi acquirenti.

A tal proposito evidenzia come il regolamento per essere vincolante deve risultare già predisposto all’atto dell’acquisto delle singole unità immobiliari, <<poiché è solo il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto ad un determinato regolamento che consente di considerare quest’ultimo come facente parte, “per relationem”, di tale atto>>, tuttavia, nel caso concreto, <<l’atto costitutivo del condominio, ovvero il primo contratto di frazionamento del 26 agosto 1987, prevedeva, si, un mandato alla società venditrice “di predisporre un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato Capitolato di patti e condizioni”, ma tale Capitolato già conteneva il riferimento alla clausola sul limite di contribuzione alle spese in favore della venditrice, sicché il richiamo al Capitolato, preesistente, consentiva di considerare la pattuizione di ripartizione delle spese come inserita “per relationem” nel titolo d’acquisto>>.

Pertanto, considerata l’anteriorità, rispetto agli atti di acquisto, della clausola modificativa del criterio legale di ripartizione delle spese, quand’anche contenuta in <<patti e condizioni>> da riportare nel successivo redigendo regolamento, detta clausola appare pienamente opponibile ai successivi acquirenti, conseguentemente, la delibera che ha modificato a maggioranza (anziché all’unanimità) il regolamento contrattuale deve ritenersi senz’altro nulla, con conferma della sentenza di secondo grado.

Fonte: http://www.condominioweb.com (Avv. Paolo Accoti)

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