Durata dell’incarico di amministratore, alcune precisazioni

Amm.re-caricaQuanto dura in carica l’amministratore di condominio?

La domanda, banale fino all’entrata in vigore della riforma, ha portato qualche grattacapo in sede di prima applicazione del decimo comma dell’art. 1129 c.c. a mente del quale:

L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.

Prima di entrare nel dettaglio è bene rammentare che l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato” (così, tra le tante, Cass. SS.UU. n. 9148/08).

La definizione giurisprudenziale della disciplina applicabile al rapporto amministratore-condominio è stata, poi, recepita nell’art. 1129, quindicesimo comma, c.c.

Torniamo alla durata dell’incarico.

Prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio la situazione era la seguente: l’amministratore durava in carica un anno. Al termine di questo periodo di tempo egli doveva essere considerato cessato dall’incarico per scadenza del termine e proseguiva nel suo incarico in prorogatio fino alla sua riconferma o revoca, salvo il diritto di ciascun condomino, nel caso di mancata conferma alla prima assemblea utile, di ricorrere all’Autorità Giudiziaria per la nomina giudiziale dell’amministratore.

Forse molti di voi staranno pensando al famoso punto all’ordine del giorno “conferma o revoca” oppure “revoca o nuova nomina” cui si faceva riferimento negli ordini del giorno presenti nell’avviso di convocazione. Ebbene quei punti erano frutto di una convenzione basata sulla consuetudine: nessuna norma, infatti, imponeva all’amministratore d’inserire la revoca tra gli argomenti in discussione. Ai sensi dell’art. 1135 c.c., infatti, al massimo bisognava discutere sulla sua “conferma ed eventuale retribuzione”. In mancanza di conferma, così come per il caso di mancata revoca, per carenza dei quorum a ciò necessari, l’amministratore, si ribadisce, proseguiva nel suo incarico in regime di prorogatio imperii.

Oggi, ossia dopo l’entrata in vigore della riforma (data 18 giugno 2013), la situazione è leggermente diversa. La durata dell’incarico resta sempre annuale ma qualcosa è cambiato alla prima scadenza.

In questo caso, infatti, l’amministratore di condominio potrà semplicemente mettere in discussione un punto all’ordine del giorno del genere: “revoca o prosecuzione ex lege nell’assolvimento dell’incarico” oppure ancora “comunicazioni di legge in merito alla prosecuzione dell’incarico“, oppure ancora, non inserire nulla.

In effetti come per il passato anche nel presente non è assolutamente obbligatorio porre in discussione la revoca nell’assemblea ordinaria annuale.

L’amministratore, quindi, a maggior ragione nella vigenza della nuova legge avrà pieno titolo, il primo anno successivo alla “prima nomina” a non inserire all’ordine del giorno nessun riferimento in merito a quest’argomento. Se i condomini gli chiederanno di discutere della sua revoca in quell’occasione (chiaramente la richiesta dovrà essere precedente), l’amministratore dovrà inserire il punto all’o.d.g. Ecco il motivo per il quale, dal punto di vista giuridico in modo improprio, si parla di durata biennale dell’incarico. In realtà si tratta di una sorta di contratto di mandato 1+1, salvo revoca.

L’Amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni momento.

Fonte: www.condominioweb.com

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