Non configura un abuso la costruzione nel cortile di un manufatto adibito a canile
L’utilizzazione, anche particolare, della cosa da parte del condominio è consentita purché non si alteri l’equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali” degli altri comproprietari.
Nella sentenza si legge: Il CTU geom. B., dopo aver premesso che la corte comune fra i proprietari degli immobili esistenti nello stabile di via (…) si sviluppa per una superficie di circa mq. 330, ha accertato che in corrispondenza dell’angolo nord del cortile, e più precisamente nello spazio sovrastante il tratto conclusivo della rampa carrabile per l’accesso all’autorimessa nel piano interrato, i convenuti hanno realizzato un manufatto destinato al ricovero del proprio cane e che il manufatto in questione, collocato in aderenza alle murature perimetrali di due corpi di fabbrica, occupa un’area di complessivi mq. 6,66. Il CTU ha quindi riferito che il manufatto ha comportato la materiale delimitazione e l’isolamento di uno spazio ben definito dell’area esterna del fabbricato ed ha concluso che la struttura creata dai convenuti implica una modificazione dell’originaria consistenza del suolo comune, sottraendo di fatto una porzione di questo all’uso ed al godimento degli altri condomini, ed impedisce il pari uso dello stesso bene da parte degli altri comproprietari.
È infine risultato che al momento del sopralluogo le esalazioni maleodoranti lamentate dall’attrice non erano percepibili dalle finestre della sua abitazione che affacciano sul cortile, pur essendo plausibile che, in presenza di particolari condizioni meteorologiche, esse possano raggiungere l’abitazione dell’attrice, ove non venga eseguita un’accurata pulizia all’interno del recinto.
Occorre premettere che quando un cortile è comune e manca una disciplina contrattuale vincolante per comproprietari al riguardo (come nel caso in esame), il relativo uso è assoggettato alle norme sulla comunione in generale, e in particolare alla disciplina di cui all’art. 1102, comma 1, c.c., in base al quale ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune, con il limite rappresentato dal divieto di alterare la destinazione del bene e di impedire ad altri di farne parimenti uso. I principi fondamentali che regolano l’uso della cosa comune si sostanziano nel duplice limite che nessun deve alterare la destinazione della cosa, né impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Tra questi limiti preminente è il primo, giacché è la destinazione impressa alla res che condiziona i poteri dei partecipanti.
Ora l’utilizzazione della cosa comune, di regola espressa dall’uso “normale”, come praticato dalla generalità degli utenti, può, in realtà avvenire da parte di uno o più dei partecipanti anche in modo particolare e diverso da quello degli altri, senza sconfinare in abuso, purché la destinazione della cosa resti rispettata.
Ciò premesso, il punto decisivo della controversia sta nella valutazione se nella specie la presenza costante del manufatto realizzato dai convenuti costituisca o meno un lecito uso più intenso del cortile comune ovvero un’utilizzazione abusiva dello stesso (comportando una limitazione dell’uso da parte dei condomini della zona comune destinata al transito delle persone, oltre che a dare aria e luce alle unità immobiliari che vi si affacciano).
Nel caso in esame, il Tribunale ritiene che l’occupazione da parte dei convenuti di una porzione dello spazio comune – mediante la realizzazione del manufatto descritto dal CTU nei termini sopra riportati – non configura un abuso.
L’uso particolare che i comproprietari hanno fatto del cortile comune non può considerarsi idoneo ad alterare la destinazione normale dell’area, poiché, tenuto conto delle esigue dimensioni del manufatto (mq. 6,66) in rapporto all’ampiezza del cortile (mq. 330), è possibile escludere che l’utilizzazione più intensa del cortile praticata dai convenuti impedisca o renda difficoltoso il transito delle persone ovvero tolga aria e luce alle unità immobiliari circostanti, né si dire che escluda per gli altri condomini la possibilità di fare del cortile medesimo un analogo uso particolare.
Deve quindi ritenersi che l’esistenza di tale condizione e della non alterazione della destinazione naturale dell’area legittimino l’installazione del manufatto, tanto più che non risulta provato che il piano di calpestio del cortile sia variato in misura significativa. Di contro è emerso dalla relazione peritale in atti che lo spazio occupato è marginale rispetto alla notevole estensione complessiva dell’area di proprietà comune. Giova ricordare, in proposito, che, in considerazione dei limiti imposti dall’art. 1102 c.c. al condominio, l’alterazione o la modificazione della destinazione del bene comune si ricollega all’entità e alla quantità dell’incidenza del nuovo uso, giacché l’utilizzazione, anche particolare, della cosa da parte del condominio è consentita, quando la stessa non alteri l’equilibrio fra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e non determini pregiudizievoli invadenze nell’ambito dei coesistenti diritti di costoro.
Non è, dunque, condivisibile sul punto la valutazione espressa dal CTU, dovendo invece ritenersi la legittimità dell’uso particolare e più intenso della cosa comune posto in essere dai convenuti con l’installazione del manufatto per cui è causa.
Fonte: Condominioweb.com
Contattateci per maggiori informazioni al n. 06/78394982
[easy_contact_forms fid=4]