Com’è possibile usare un appartamento in comunione? Istruzioni per l’uso

appartamento-comunioneLa comunione di un appartamento può instaurarsi perché due o più persone decidono di acquistarlo insieme (classico il caso della coppia che acquista l’abitazione) o perché, come si dice in gergo, cade in eredità.

Già l’eredità, ovvero sogno ed incubo per tantissime persone.

Perché al di là del dato funereo e spesso doloroso che l’accompagna, l’eredità materiale è foriera di serenità ma anche di tensioni e rovina.

E’ proprio nei casi di eredità indivisa tra più persone che la gestione dell’unità immobiliare diviene difficoltosa. Alcuni vedono nell’immobile l’affare in grado di sistemargli i conti economici, altri un cordone famigliare da cui non vogliono staccarsi.

Ed allora?

Come si può usare un appartamento in comunione per far felici tutti quanti? Domanda da un milione di dollari, viene da pensare, soprattutto se tra gli eredi non v’è armonia.

Quesito al quale possiamo trovare risposta nella sentenza 5 settembre 2013 n. 20394 resa dalla Corte di Cassazione, che si segnala perché, in conformità ai precedenti in materia, spiega come possa essere utilizzato un bene in comunione e che cosa accade se uno dei comunisti abuso del bene comune.

Si legge nella pronuncia che “nel sistema della comunione del diritto di proprietà per quote ideali, ciascun partecipante gode del bene comune in maniera diretta e promiscua, cioè come può purché non ne alteri la destinazione e non impedisca l’esercizio delle pari facoltà di godimento che spettano agli altri comproprietari (art. 1102 c.c.).

Allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, i comproprietari possono deliberarne l’uso indiretto (a maggioranza o all’unanimità, secondo il tipo di uso deliberato: cfr. artt. 1105 e 1108 c.c.)” (Cass. 5 settembre 2013, n. 20394).

Insomma nel caso dell’appartamento se non ci si mette d’accordo per un utilizzazione turnaria o lo si affitta (anche ad uno dei comproprietari) o lo si vende oppure se non si raggiunge un accordo o, peggio, si litiga e lo si lascia chiuso.

Che cosa accade se uno dei comproprietari, prepotentemente, lo utilizzi in violazione dei diritto degli altri?

Secondo la Cassazione “nel caso in cui la cosa comune sia potenzialmente fruttifera, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile (cfr. Cass. nn. 7881/11 e 7716/90, entrambe pronunciate in ipotesi di giudizio di divisione)” (Cass. 5 settembre 2013, n. 20394).

Detta semplicemente: chi ha abitato una casa senza il consenso degli altri, potrebbe vedersi domandati i danni (ad esempio nella misura corrispondente al canone d’affitto ricavabile da quel bene secondo una valutazione di mercato).

Fonte: Condominioweb.com

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