Canone di locazione in base ad aggiornamento Istat, non è richiesta formalità

Per la richiesta di aggiornamento non è richiesta alcuna formalità. Basta anche un semplice invio della fattura nella quale si indica un canone superiore all’ultimo pagato.
 
Nella sentenza si legge:
 
Nella specie, come risulta dalla relata apposta in calce all’atto in data 10 dicembre 2008, il controricorso non è stato affatto notificato perché da informazioni assunte sul posto il procuratore domiciliatario era sconosciuto. Ne deriva che, in mancanza della prescritta notificazione, il controricorso de quo non può essere preso in considerazione. Esaurita tale questione preliminare, passando all’esame della doglianza, svolta dalla ricorrente, va osservato che la stessa, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 legge n. 392/78, si fonda sulla premessa che la norma citata non pone alcun vincolo di forma ai fini della richiesta di aggiornamento del canone su base Istat, con la conseguenza che deve escludersi la necessità della forma scritta e deve ritenersi sufficiente un comportamento concludente. Pertanto la Corte di Appello avrebbe sbagliato quando ha ritenuto che la richiesta debba formularsi in modo chiaro ed univoco, specialmente se rivolta ad una P.A., e che non sia sufficiente a tal fine l’invio di una fattura nella quale sia indicato un canone superiore all’ultimo pagato. La censura merita attenzione. A riguardo, giova premettere che i primi due commi dell’art. 32 della legge n. 392 del 1978, nel testo risultante dopo la sostituzione ad opera dell’art. 1, comma 9 sexies, d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, conv. in L. 5 aprile 1985, n. 118, dispongono testualmente: “Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira.
 
Le variazioni in aumento del canone non possono essere superiori al 75% di quelle, accertate dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati”.
 
Ora, se è vero che la richiesta si configura come un onere del locatore, al cui adempimento è legato il suo diritto ad ottenere l’aggiornamento del canone, ponendosi come condizione per il sorgere del relativo diritto, è altrettanto vero che la legge non prevede però che tale richiesta debba essere rivestita di una forma particolare.
 
Pertanto, questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, in assenza di qualsiasi prescrizione normativa che richieda una forma particolare, le parti, nell’esplicazione della loro autonomia contrattuale, sono libere di stabilire, a loro scelta, le modalità attuative della richiesta, prescritta dall’art. 32 della legge 392/1978 – nel testo modificato dall’art. 1, comma 9 sexies della legge 118/1985 – per ottenere l’aumento del canone in dipendenza delle variazioni dell’indice ISTAT. Pertanto tale richiesta può essere validamente formulata non solo verbalmente, ma anche implicitamente o per facta concludentia (cfr Cass. n. 9351/92, Cass. 7982/1994, Cass. n. 14655/02, Cass. n. 15034/2004, Cass. n. 25645/2010).
 
Ciò premesso, giova ora richiamare l’attenzione sulla circostanza che, assai recentemente, con sentenza n. 10720 dell’11 giugno 2012, questa stessa terza sezione della Corte, in diversa composizione, in una controversia di contenuto analogo tra le stesse parti, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Reale Immobili sia per inosservanza dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. sia perché, in buona sostanza, la ricorrente aveva sollecitato una revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, non consentita in sede di legittimità. E ciò, malgrado che i giudici di secondo grado avessero escluso che gli atti trasmessi dalla locatrice al Ministero presentassero “i requisiti minimi di certezza per fare almeno presumere una richiesta di adeguamento e far comprendere il suo contenuto” (cfr pag. 5).
 
Ciò posto, risulta di ovvia evidenza come nella decisione in commento la Corte di legittimità non ha affatto esaminato la fondatezza o meno delle doglianze formulate dalla Reale Immobili in punto di diritto. Ciò, in quanto le censure non potevano essere esaminate essendo volte in realtà a sollecitare un inammissibile intervento in sovrapposizione del giudice di legittimità rispetto ad una decisione del giudice di secondo grado essenzialmente fondata su una valutazione di stretto merito.
 
I termini della controversia sottoposti all’esame di questo Collegio sono invece ben diversi ove si consideri che la Corte di merito ha fondato la sua decisione sull’affermazione di principio, secondo cui la mancata indicazione del titolo della maggiorazione nonché della percentuale di aggiornamento applicato, nelle fatture inviate dalla locatrice, indicanti un importo dei ratei di canone variato in aumento, non consentirebbero di integrare una valida richiesta ai fini dell’ottenimento dell’aggiornamento del canone. Ed invero, non vi è chi non veda come in tal modo, i giudici di secondo grado hanno finito con il postulare uno specifico requisito formale non previsto dalla legge, formulando un principio di diritto che non merita di essere condiviso. A riguardo, mette conto di sottolineare che la richiesta di aggiornamento contemplata dall’art. 32 più volte citato mira ad assolvere una duplice funzione, quella di rendere manifesta la volontà del locatore di conseguire l’aggiornamento annuale del canone e quella di indicare l’ammontare della prestazione richiesta dal locatore e dovuta dal conduttore.
 
Ora, poiché tale richiesta può essere validamente formulata non solo verbalmente, ma anche implicitamente o per facta concludentia, l’invio di una fattura, in cui sia indicato un canone maggiore rispetto all’ultimo pagato, inglobante un aumento corrispondente al 75% delle variazioni, accertate dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati o comunque corrispondente a quello minore, eventualmente convenuto, non solo consente al conduttore di comprendere in maniera chiara ed univoca la volontà del locatore di ricevere il maggior canone comprensivo dell’aggiornamento Istat, nel frattempo maturato, ma gli permette, altresì, di desumere previa comparazione con il minor canone precedentemente pagato la misura della percentuale di aggiornamento applicato, così da compiere la necessaria verifica in merito alla legittimità della richiesta medesima. Con la conseguenza che, ferma restando la facoltà del conduttore di richiedere al locatore i necessari chiarimenti, formulando ove del caso le opportune contestazioni, la richiesta, diretta a conseguire l’aggiornamento Istat, contenuta nella fattura inviata al conduttore, può ritenersi idonea e funzionale al raggiungimento dello scopo propostosi. Considerato che la sentenza impugnata non si è uniformata al suddetto principio,il ricorso per cassazione in esame deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata.

Fonte: Condominioweb.com

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