Appartamento in comunione: chi può agire per far valere o tutelare un diritto della cosa in comune?

Tizio e Caio sono comproprietari, in comunione legale dei beni, della loro casa di abitazione.

Sorge la necessità di agire per ottenere il risarcimento dei danni provocati dal vicino a seguito dell’esecuzione di lavori di manutenzione della sua unità immobiliare.

Oppure

Sorge la necessità di resistere in giudizio in cui solamente Tizio è stato chiamato in causa per risarcire i danni da infiltrazioni proveniente dal suo alloggio.

I fatti descritti sono solamente esemplificativi: l’argomento che stiamo approfondendo riguarda tutte le possibili controversie riguardanti un’unità immobiliare in comunione.

Ebbene si tratti di azioni da promuovere o di giudizi in cui si è chiamati in causa, secondo la Cassazione non sussiste il litisconsorzio necessario.

Detta fuori dall’angusto linguaggio giuridico: non è necessario che le cause siano promosse o vengano indirizzate contro tutti i comproprietari. E’ sufficiente che si agisca contro o che agisca uno solo di essi.

Ciò perché, dice la Cassazione, “ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l’intera cosa comune (e non una frazione della stessa), è legittimato ad agire o resistere in giudizio, anche senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti dei terzi o di un singolo condomino (Cass. 11199/2000, in motivazione; 4345/2000; 2106/2000; 4354/1999; 4388/1996).

Inoltre, nella particolare ipotesi del regime della comunione dei beni tra i coniugi, l’agire o il resistere disgiuntamente dei coniugi per gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione comprende anche l’azione giudiziale del tipo di quella da risarcimento del danno introdotta nella presente controversia a svantaggio del bene comune (argomento desumibile da Cass. n. 19167/2005, in motivazione)” (Cass. 16 gennaio 2013, n. 1009).

Naturalmente parliamo di azioni aventi ad oggetto questioni ordinarie inerenti i diritti connessi all’unità immobiliare.

In buona sostanza se un terzo reclama la proprietà dell’unità immobiliare o di una sua parte (es. perché pretende di averla usucapita), l’azione che potrebbe avere come conseguenza pratica il “passaggio di proprietà” dev’essere sempre esperita contro tutti quanti i proprietari.

Le sentenze, infatti, fanno stato tra le parti della causa (art. 2909 c.c.) e non anche verso le persone che non vi hanno preso parte. Insomma se Tizio e Caio sono comproprietari di un medesimo bene e Sempronio promuove una causa solo contro uno di essi per sentirne dichiarata l’usucapione, non si potrebbe mai arrivare all’assurdo che al termine della controversia quel bene possa risultare di proprietà di una persona ma per un altro comproprietario del medesimo bene, tale passaggio di proprietà non risulti.

Diverso il discorso della tutela di un diritto.

Se Tizio ritiene che un suo vicino stia ostacolando l’esercizio della servitù, egli in quanto contitolare di quel diritto ha la possibilità di agire individualmente perché la sua azione è tesa a tutelare un diritto esistente e asseritamente leso.

Fonte: condominioweb.com

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