Amministratore e mediazione condominiale: alcune considerazioni

mediazione-cond.leIl così detto decreto del fare (d.l. n. 69/2013) – inserendo nell’art. 5 del d.lgs n. 28/2010 il comma 1-bis – ha reintrodotto l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, necessaria anche per le controversie condominiali.

Ciò ha ridato importanza all’art. 71-quater disp. att. c.c. – introdotto nel codice dalla riforma del condominio – ma di fatto “nato morto” in ragione della sostanzialmente contestuale dichiarazione d’incostituzionalità (cfr. Corte Cost. n. 272/2012) dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione.

In primis è necessario comprendere che cosa debba intendersi per controversie in materia di condominio.

A dirlo è proprio l’art. 71-quater appena citato e più nello specifico il suo primo comma a mente del quale:

Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.

Un paio di esempi chiariranno la portata della norma

Si vuole impugnare una delibera (art. 1137 c.c.)? Prima di andare davanti ad un giudice (eccezion fatta per la richiesta di sospensione cautelare) è necessario rivolgersi ad un organismo di mediazione.

Si vuole far rispettare il regolamento (art. 1130 n. 1 c.c.)? Idem.

Chi rappresenta il condominio davanti all’organismo di mediazione (che per legge dev’essere ubicato nel circondario del tribunale in cui è ubicato l’immobile)?

Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice (art. 71-quater, terzo comma, disp att. c.c.).

L’amministratore nel caso del procedimento di mediazione è mero esecutore della volontà assembleare posto che “la proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata” (art. 71-quater, terzo comma, disp att. c.c.).

Se per l’approvazione della proposta si comprende l’utilità della deliberazione (è giusto che disponga dei propri diritti l’effettivo titolare e non chi lo rappresenta) allo stesso modo non è chiaro perché sia necessaria l’autorizzazione anche per presenziare al tentativo stesso.

Spieghiamoci meglio.

Se un condomino impugna una delibera, l’amministratore può portare avanti la causa fino alla Corte di Cassazione senza che sia necessario “l’ok” dell’assemblea (cfr. Cass. 23 gennaio 2014 n. 1451).

Prima d’impugnarla, però, quello stesso condomino deve rivolgersi ad un organismo di mediazione; ebbene solamente per presentarsi e dire in quella sede l’amministratore dovrà farsi autorizzare dall’assemblea. Qual è il senso?

Lo stesso dicasi per le azioni volte al rispetto del regolamento di condominio. Per promuovere l’azione legale l’amministratore può agire senza autorizzazione dell’assemblea, la quale, però, deve preventivamente autorizzarlo a proporre il tentativo di mediazione che è condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria.

Ribadiamo: se per l’accettazione della proposta è utile chiedere il placet dell’assemblea (non si sta risolvendo una questione secondo diritto ma accordandosi con la controparte) non si comprende il senso della necessaria autorizzazione per presenziare.

Un’ultima considerazione riguarda il compenso: in assenza di specifica pattuizione (art. 1129, quattordicesimo comma, c.c.) la remunerazione per la partecipazione al procedimento di mediazione dev’essere considerata ricompresa nella voce di compenso generale.

Fonte: www.condominioweb.com

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